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circuito equivalente induttore © Demarco

circuito equivalente induttore

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Il vero comportamento dell'induttore ed il suo circuito equivalente

Per determinare come si comporta l’induttore in funzione della frequenza consideriamo, una corrente i(t) = Acos(ωt) segnale sinusoidale che dipende dalla frequenza e dal tempo applicato ai capi dell’induttore.

A è l’ampiezza del segnale, la funzione cos è la funzione coseno dove all’interno della pancia vi è ω: la pulsazione pari a 2πf ed il tempo.

Sostituiamo dunque la i(t) nella [4] otteniamo: 

v(t) = -LAωsin(ωt) [5]

Le funzioni seno e coseno sono periodiche di periodo 2π, differiscono solamente  per un angolo di 90° l’una rispetto all’altra. Aggiungendo un’altra piccola nozione matematica sarà più semplice comprendere ciò che si andrà a sviluppare in seguito. La funzione seno e una funzione dispari, ovvero l’andamento del sin è simmetrico rispetto lo zero (basti prendere un qualsiasi grafico della funzione y = sin(x) per rendersi conto che sin(-x) = -sin(x)) viceversa la funzione coseno è una funzione pari, ovvero simmetrica rispetto l’asse delle y (cos(-x) = cos(x)). Considerando la [5] otteniamo: sin(ωt) = cos(ωt + π/2) dunque l’affermazione che la tensione in un induttore è in anticipo di 90° rispetto alla corrente è presto compresa), considerando la simmetria dispari della funzione seno possiamo scrivere la [5] nel seguente modo: 

v(t) = LAωsin(- ωt) = LA cos(ωt + π/2)

Applicando la legge di Ohm otterremo: 

v(t)/i(t) = -[LAωcos(ωt + π/2)]/[Acos(ωt)]

Manipolando la precedente (vi risparmio i passaggi!) si otterrà:

Z = jωL [6]

Per soddisfare i più curiosi per ottenere la precedente bisogna, tenendo ben a mente la formula di Eulero, considerare la funzione seno e coseno come funzioni esponenziali (tramite la formula di Eulero), sviluppare una serie di semplificazioni, tenendo in conto la forma polare di un numero complesso per giungere alla [6]. Abbiamo ottenuto l’impedenza induttiva, formata dal suo termine di reattanza induttiva, XL = ωL. Tale formula conferma il precedente concetto esposto prima di questa dimostrazione, ed inoltre ci fa notare come l’induttore per f che tende a zero (in regime continuo) abbia un’impedenza che tende a zero, ovvero un corto circuito, viceversa ad alta frequenza avremo un circuito aperto, dunque impedenza infinita. 

Ma tutto questo è vero se il nostro induttore fosse un componente ideale! Purtroppo nella realtà bisogna fare i conti con le perdite. Dando uno sguardo alla Figura 3 è possibile notare come lo schema equivalente dell’induttore sia composto da un resistore serie Rs che schematizza le perdite dovute alla componente resistiva del filo cui e composta la bobina, Rp che schematizza le perdite di energia dovute alla presenza di un nucleo magnetico, ed infine un condensatore di capacità C dovuta all’accoppiamento capacitivo fra le spire. Considerando Rs + Rp = R otteniamo l’impedenza reale dell’induttore. Considerando la Rp e la Rs come un unico resistore calcoliamo il parallelo fra i due rami del circuito per ottenere, dopo una serie di semplificazioni, l’impedenza complessiva:

Z = (R+JωL)/(1+jωRC-ω2LC) [7]

Analizzando la precedente [7]  è possibile notare, grazie anche all’ausilio del circuito equivalente, come l’induttore reale abbia un comportamento lontano da quello ideali su esposto. Considerando ω che tende a 0, dunque a bassa frequenza l’impedenza tende al valore di R, al crescere della frequenza per ω=ω0 pulsazione di risonanza del circuito LC che è pari a ω02=1/LC si otterrà un’impedenza paria Z = (L/CR) –jωL (tale risultato scaturisce da una serie di manipolazioni della formula 7 dopo aver sostituito la ω02), il segno meno indica una variazione della reattanza che da induttiva diviene capacitiva, ciò è sempre più vero se la frequenza aumenta al più tendendo ad infinito, la conclusione è presto tratta, l’induttore per elevate frequenze si comporta come un condensatore. Tali conclusioni possono essere interpretate dal circuito equivalente dell'induttore in Figura 3 considerando il comportamento dei componenti al variare della frequenza.

Circuito equivalente induttore

Circuito equivalente induttore

[ Figura 3 ]

Come è facile intuire quando si parla di perdite vi sarà da qualche parte un fattore di qualità che sta ad indicare la bontà del componente. In questo caso avremo che il fattore di qualità è il rapporto fra la reattanza induttiva XL e la resistenza equivalente R formata dalla somma di

Rs + Rp.

Q = ωL/R 

Il fattore di merito ha un significato fisico diretto: esso esprime il rapporto, moltiplicato per 2π, fra l'energia massima immagazzinata dall'elemento reattivo e l'energia dissipata in un periodo, quando l'elemento reale si trova in regime sinusoidale permanente alla frequenza considerata. Tale parametro che indica la bontà dell’induttore, generalmente per una buona bobina si attesta nell’ordine delle centinaia. 

Prima di passare alla parte conclusiva di tale articolo, soffermiamoci a quanto detto all’inizio di questo paragrafo: il circuito equivalente dell’induttore è formato da un resistore serie ed uno in parallelo che schematizza le perdite di energia all’interno del nucleo ferromagnetico se presente. Un induttore così fatto, ha molteplici ragioni di esistere; una fra tutte elevati valori di induttanza con ingombri ridotti, ma non mancano le problematiche per questa tipologia costruttiva. La presenza del nucleo se da un lato aumenta l’induttanza dall’altro aumenta le perdite dovute all’isteresi ed alle correnti parassite che si aggiungono alle perdite del filo conduttore. Le perdite per isteresi sono proporzionali alla frequenza ed all’area racchiusa dal ciclo di isteresi: esse sono causate dalla saturazione del nucleo dovuta alle componenti della corrente avente frequenze diverse e dalla componente continua (se presente).

ciclo isteresi induttore

 

Ciclo isteresi induttore

[ Figura 4 ]

Il grafico del ciclo di isteresi, tipicamente a foglia, dove sull’asse delle x vi è H (intensità magnetica) e sull’asse delle y B (induzione magnetica) indica la profonda non linearità fra queste due grandezze come ben visibile in Figura 4. Le perdite per correnti parassite sono invece dovute alle correnti indotte nel nucleo per effetto delle variazioni del flusso.



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